Rifiuti ed economia circolare

Nella vita di tutti i giorni, ognuno di noi produce tanti rifiuti anche senza rendersene conto.

Pensaci bene: quando lasciamo un avanzo nel piatto, quando ci accorgiamo che abbiamo lasciato scadere lo yogurt da troppo tempo, quando vogliamo cambiare telefono o un paio di scarpe. Anche quando decidiamo di buttare ciò che è rotto, invece di ripararlo, stiamo producendo rifiuti.

Ogni oggetto che utilizziamo prima o poi diventa rifiuto.

Nel momento in cui mettiamo l’oggetto rotto o il cibo scaduto nel cassonetto smettiamo di preoccuparcene e ce ne dimentichiamo, perché siamo distratti dal fatto che abbiamo altri oggetti nuovi in arrivo e i vecchi non li vediamo più. Gettiamo i rifiuti con facilità, senza pensare alle conseguenze.

In realtà, dietro ai rifiuti c’è tanto da sapere ed esistono tanti piccoli comportamenti che possiamo adottare per ridurne la produzione.

Prima di tutto, è importante dare una definizione di rifiuto: si tratta di qualsiasi sostanza od oggetto di cui la persona si disfi, abbia l'intenzione o abbia l'obbligo di disfarsi.

In natura non esistono rifiuti

In natura, il concetto di rifiuto non è contemplato: in ogni ciclo biologico, infatti, quel che viene scartato da un organismo si trasforma in una risorsa per altri esseri viventi, in modo che nulla venga sprecato, ma tutto trovi nuova vita.

Gli organismi morti, gli scarti organici di altri animali, i resti vegetali come foglie morte e rami: tutto, ma proprio tutto, diventa risorsa o nutrimento per altri esseri viventi. In natura tutto ritorna in circolo.

Noi esseri umani, invece, tendiamo ad accumulare tanti oggetti: facciamo ancora fatica a recuperarli e vederli come risorse.

Prima della Rivoluzione industriale, questo non era ancora un problema grave come lo è ora. Solo quando è aumentata drasticamente la produzione di oggetti, sono aumentati di conseguenza anche i consumi e i rifiuti. Questo incremento è reso più grave dal fatto che non si tratta solo di materiali organici, che la natura può riutilizzare facilmente ma di sostanze chimiche e materiali complessi spesso dannosi per l’ambiente, con tempi di depurazione, degradazione o di rigenerazione lunghissimi (pensiamo alla complessità del recupero dei rifiuti elettronici che non si degradano naturalmente).

Oggi, con maggiore consapevolezza, stiamo cercando di prendere spunto dalla natura per cercare di passare da un sistema di produzione lineare, in cui il ciclo di vita degli oggetti si conclude quando diventano rifiuti, ad uno circolare, nel quale gli scarti diventano risorse per produrre nuovi oggetti o energia.

Ecco perché si parla di “economia circolare” ovvero un sistema economico e produttivo che grazie ad una organizzazione diversa e all’utilizzo di tecnologie intelligenti, permette di evitare l’estrazione di nuove risorse naturali, risparmiando energia e creando nuovi modelli di produzione.

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Ogni rifiuto può fare la differenza

A volte, abbiamo l’impressione che un rifiuto piccolo sia meno dannoso di altri, vero?

Un piccolo frammento di plastica, uno scontrino, la bustina di uno snack: se lo getto a terra o lo perdo per sbaglio non succederà nulla, in fondo è piccolo!

Purtroppo, non è così semplice, ogni piccolo rifiuto può fare la differenza: anche l’oggetto più piccolo va a sommarsi agli altri rifiuti, oltre al fatto che è più difficile da individuare e rimuovere. Proprio per questo, il piccolo rifiuto quasi sempre rimane nell’ambiente e, spostandosi anche per lunghe distanze, trasportato dal vento o dall’acqua, in molti casi arriva al mare.

Scopri di più su come un piccolissimo rifiuto possa fare la differenza!

L’abbandono dei rifiuti ingombranti nell’ambiente (come materassi, pneumatici, grandi elettrodomestici) è molto dannoso. Per fortuna, disfarsi di questi grandi oggetti è facile nella maggior parte dei Comuni della nostra regione. Possono essere ritirati direttamente a casa, essere portati nei Centri di Raccolta, o, se in buono stato, riutilizzati da cittadini che ne hanno necessità grazie ai centri di riuso:

il centro del riuso di Pradamano

il centro del riuso Maistrassâ di Gemona del Friuli

Il Portale del Riuso dell’Università degli Studi Udine

Anche tu puoi cercare il Centro di Raccolta più vicino a casa tua e, se non l’hai ancora visto, trova l’occasione per andare ad osservare come funziona (consulta il sito web del tuo Comune o della ditta che si occupa della gestione dei rifiuti nel tuo Comune).

Non sempre i rifiuti dispersi in natura sono lì a causa dell’uomo: a volte gli animali o le piogge e i venti molto forti, possono sparpagliare il contenuto di cestini e cassonetti. Ancora troppo spesso, però, è proprio l’uomo che decide volontariamente di abbandonare dei rifiuti nell’ambiente, senza dare peso a quello che sta facendo.

I volontari dell'associazione SOS Carso

Nella nostra Regione, per esempio, un grande problema sono i rifiuti che per anni sono stati abbandonati nelle grotte del Carso triestino. Si tratta di cavità preziosissime dal punto di vista naturalistico, che circa cinquant’anni fa sono state utilizzate come veri e propri cassonetti.

La buona notizia è che l’uomo può fare anche del bene: alcuni gruppi di cittadini, infatti, si sono organizzati e si sono dedicati a ripulire parte del Carso triestino. Ti suggeriamo di rintracciare attraverso il web il gruppo di volontari SOS Carso e scoprire tutte le iniziative che stanno portando avanti nella lotta all’abbandono dei rifiuti.

I rifiuti non si autodistruggono

Anche quando spariscono dalla nostra vista e ce ne dimentichiamo, i nostri rifiuti continuano a esistere per molto, moltissimo tempo.

I rifiuti non si autodistruggono, a meno che non siano materiali organici, come ad esempio la buccia della frutta.

Le bottiglie di vetro, di plastica o le lattine di metallo possono rimanere inalterate potenzialmente per sempre. Se vengono gettati in natura, anziché negli appositi impianti di riciclaggio che si occupano di recuperarli, diventano preda degli eventi meteorologici ed iniziano il loro processo di degradazione per effetto della luce, del gelo e delle intemperie e di organismi “pionieri” che tentano di aggredire l’oggetto “sintetico”. Si tratta di un processo che può durare anche migliaia di anni, a seconda del materiale di cui è fatto l’oggetto e del luogo in cui si trova (sulla terra o nel mare).

Cosa succede se i rifiuti restano in natura?

Proprio a causa dei lunghissimi tempi di degradazione molti rifiuti al di là dell’ingombro visibile (come nel caso di rifiuti di grosse dimensioni) possono rilasciare sostanze molto inquinanti (come nel caso di plastiche, vernici, batterie, rifiuti elettronici, farmaci). Con il passare del tempo possono interagire con l’ambiente circostante, contaminando il terreno e raggiungendo a volte anche i corsi d’acqua sotterranei.

Come dicevamo, dunque, i rifiuti perdurano per centinaia di anni prima che si degradino e frammentino e, anche dopo essere diventati invisibili a occhio nudo, continuano a esistere, liberare sostanze impiegate nella loro produzione e possono essere ingeriti dagli animali entrando nella “catena alimentare” o assorbiti da vegetali di cui poi noi stessi ci cibiamo (ad esempio i pesci nel mare).

Gli animali non sono in grado di distinguere un rifiuto e di riconoscerlo come un pericolo da evitare. In certi casi i nostri scarti possono diventare la nuova “casa” per gli organismi, ma molte altre volte possono trasformarsi in trappole mortali.

Ancora più grave è quando i piccoli frammenti di plastica vengono scambiati per altri organismi di cui cibarsi, cosa che può avere conseguenze anche letali per la loro salute.

L'invito da rivolgere a tutti, a tutela dell’ambiente che ci circonda, è sempre uno: lascia ogni luogo possibilmente meglio di come lo hai trovato; non spargere rifiuti, raccogli se puoi quelli che trovi, invita altri a fare ugualmente.

I rifiuti sulle spiagge

Oggi in Italia ogni 100 metri di spiaggia ci sono mediamente 834 rifiuti, come ha segnalato il rapporto Beach Litter 2022 di Legambiente. Secondo l’Ispra per ii il 65% sono oggetti di plastica, in gran parte usa e getta, come cotton fioc, cannucce, bottigliette.

Le spiagge italiane non sono certo in un buono stato e le coste del Friuli Venezia Giulia sono ancora più esposte a ricevere i rifiuti che arrivano da Slovenia e Corazie, per effetto delle correnti marine.

Per determinare in maniera oggettiva se una costa risulta inquinata, oppure no, l’Unione Europea ha fissato un parametro univoco: il numero di rifiuti presenti in 100 m lineari di spiaggia.

Secondo l’UE, in particolare, se una spiaggia presenta 20 rifiuti nell’arco di 100 metri, può essere considerata in buono stato. Tra il 2015 e il 2021, però, in Friuli Venezia Giulia i rifiuti ammontavano a 801,7 per 100 metri così come hanno indicato i tecnici di Arpa che si sono occupati del monitoraggio.

Ma c’è un dato positivo: sempre più spesso la popolazione comincia a rendersi conto del problema e ha avviato iniziative di pulizia delle spiagge. Le campagne di sensibilizzazione a riguardo sono sempre più frequenti, così come le attività di monitoraggio da parte delle istituzioni.

Tra il 2022 e il 2023 ARPA FVG ha supportato la Regione nel progetto Interreg MARLESS, dedicato al controllo delle zone interessate e alla pianificazione di azioni volte alla risoluzione del problema.

Riduzione dei rifiuti già all’atto dell’acquisto

Come fare per ridurre il problema dei rifiuti?

Quel che serve è un cambio di mentalità: dobbiamo pensare che i rifiuti si possono ridurre già all’atto dell’acquisto.

Se quando compriamo qualcosa pensassimo già a quanto potrebbe durare quell’oggetto ed eventualmente pensassimo anche al suo potenziale riuso o al suo grado di riparabilità, forse potremmo già limitare l’acquisto di cose inadatte o che non ci servono davvero. Un esempio sono le vaschette di plastica in cui spesso vengono vendute la frutta e la verdura. Chiediamoci: troveremo un modo per riutilizzarle in casa, magari come contenitori di altri oggetti, oppure le getteremo immediatamente?

Se la risposta è la seconda, allora è meglio non comprarle in partenza, preferendo l’acquisto di alimenti sfusi, da pesare e riportare a casa nelle apposite bustine biodegradabili (oppure, in borse riutilizzabili che potremmo portare con noi al supermercato).

Un’altra cosa che possiamo e dobbiamo fare, con il supporto delle istituzioni, è eliminare completamente gli “usa e getta”. Pensiamo a quanti oggetti hanno una vita brevissima (bicchieri di plastica, imballaggi e altro ancora), sono tutti oggetti per i quali, lungo la loro filiera, sono state estratte e lavorate preziose materie prime ed è stata utilizzata una grande quantità di energia per produrli e distribuirli.

Come ridurre la mia produzione di rifiuti?

La raccolta differenziata fatta bene per recuperare più risorse possibili

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Un altro tema di cui si parla molto è quello della raccolta differenziata.

Dopo aver cercato di non creare rifiuti già all’atto dell’acquisto e dopo essersi impegnati a far durare il più possibile gli oggetti, inevitabilmente alcuni di essi diventano rifiuti e bisogna quindi cercare di rimettere in ciclo tutti i materiali di cui sono fatti.

Tocca ancora a noi quest’ultimo passaggio: differenziare per bene i rifiuti.

Tutti conosciamo la raccolta differenziata e molti di noi la facciamo. Allo stesso tempo, però, questa pratica non può più essere un’opzione: deve diventare un’abitudine quotidiana e un impegno di ognuno, anche a scuola. La raccolta differenziata, però, va fatta in maniera precisa.

Gettare i rifiuti come capita è un danno per tutti.

Se, per alcuni materiali, la differenziazione è molto semplice (il legno, la carta o il vetro), la raccolta differenziata della plastica risulta un po’ più complessa.

Qualche volta ti sarà capitato di buttare un piccolo oggettino di plastica (ad esempio le sorprese degli ovetti di Pasqua, o una penna rotta o scarica) nella raccolta della plastica.

Sapevi che nella raccolta differenziata della plastica possono entrare solo gli “imballaggi”?

Niente paura, a tutti capita di commettere degli errori! Ora che lo sai, però, farai sicuramente più attenzione: solo i contenitori o materiali plastici che servono per “imballare” qualcosa come un vasetto dello yogurt, un pezzo di nylon, le vaschette in polistirolo possono essere gettate nella raccolta della plastica, come previsto dalla legge che riconosce un contributo economico alle ditte che recupereranno quel tipo di materiale. Le plastiche che non sono imballaggi non vanno messe nella raccolta differenziata ma possono eventualmente essere portate nei Centri di Raccolta Comunali dove verranno valorizzate nel modo più adeguato.

Anche la raccolta dell’umido, sebbene si tratti di scarti organici biodegradabili, deve essere fatta con attenzione.

Sapevi che in Friuli Venezia Giulia, nella raccolta del rifiuto secco viene ancora trovato il 25% di organico, verde o altro? Vuol dire che ci sono ancora tante persone che non fanno un’azione importantissima: la separazione tra il “rifiuto organico” e il “rifiuto secco indifferenziato”.

Non separare correttamente questi due tipi di rifiuti significa che ai termovalorizzatori (gli impianti dove viene bruciato il rifiuto secco, producendo energia) arriverà anche del rifiuto organico contenente molta acqua e di conseguenza servirà più energia per la combustione.

In più, quando il rifiuto organico viene separato correttamente, può essere trasformato in terriccio (direttamente nel tuo giardino) o, se viene conferito nella raccolta dell’umido e conferito all'apposito impianto, può produrre energia sotto forma di biogas prima di diventare terriccio.

Per approfondire, prova ad esplorare questo impianto!

Affidati sempre alle indicazioni del tuo Comune di residenza per scoprire come fare al meglio la raccolta differenziata, ti aiuterà a correggere eventuali errori di conferimento.

Vuoi sapere come fare al meglio la raccolta differenziata?

Riconoscere i materiali di cui sono fatti gli imballaggi

Gli imballaggi ovvero tutti quei materiali (plastica, vetro, alluminio, carta) che servono per “imballare” o contenere i nostri oggetti, sono sicuramente importanti e utili se proteggono dagli urti i nostri beni durante un trasporto (come nel caso di oggetti particolarmente fragili) o possono essere fondamentali nel mantenere la freschezza del cibo (pensiamo alle confezioni “sottovuoto”).

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Con il passare degli anni, però, l’imballaggio ha assunto anche una certa importanza per veicolare la pubblicità dei prodotti e in molti casi si è arrivati all’overpackaging (il sovraimballaggio) e cioè ad avere oggetti con molti imballaggi anche inutili. A tal proposito, abbiamo già detto come sia importante ridurre i rifiuti già dall’atto dell’acquisto, che non vuol dire solo decidere se acquistare qualcosa o meno, ma anche dare una certa attenzione agli imballaggi (soprattutto se si fa la spesa al supermercato). Per ridurre la produzione di rifiuti, è quindi molto importante saperli riconoscere (capendo la loro funzione) e individuare i materiali di cui sono fatti.

Imparare a capire i materiali con cui sono realizzati i packaging ci aiuta a smaltirli correttamente e anche a fare una scelta consapevole nel momento dell’acquisto.

Per esempio, a volte ci possiamo confondere tra imballaggi in carta e plastica. Come riconoscere i due materiali?

Basta fare una semplicissima operazione: la prova “a strappo”. Nella maggior parte dei casi l’imballaggio in carta si riesce a strappare, mentre l’imballaggio in plastica non si strappa ma si allunga.

A seguire, una scheda nella quale troverete i simboli per diversi tipi di imballaggi che possono aiutarvi nel capire come differenziare i vari materiali.

In generale, ricordatevi di fare sempre riferimento alle istruzioni che vi sono state fornite per fare la raccolta differenziata nel vostro Comune.

Gli imballaggi naturali

Come già dicevamo, la natura è la migliore fonte di ispirazione per capire come ridurre il nostro impatto ambientale. In natura non esistono sprechi, lo scarto di uno diventa risorsa per un altro e tutto ritorna in circolo. Nulla è a caso e ogni elemento ha un senso preciso.

Anche per quel che riguarda gli imballaggi, in un certo senso la natura li ha inventati da tempo. Pensiamo alla buccia della banana, resistente e flessibile al punto giusto per il “trasporto” del frutto, cambiando colore in base al grado di maturità e di conseguenza segnalandoci la possibilità o meno di consumare ancora l’alimento.

Lo stesso ragionamento lo potremmo fare per un’arancia, una noce o una mela dove addirittura la buccia (ovvero il suo packaging naturale) è altamente nutriente!

Possiamo quindi dire che la natura non avrebbe bisogno, nella maggior parte dei casi, di plastica o altri materiali non biodegradabili per proteggere i suoi frutti.

Molte volte però, soprattutto al supermercato, troviamo frutta e verdura ben imballata arrivando fino al già citato overpackaging dove c’è più imballaggio che frutta, verdura o altro cibo da mangiare.

Piano piano, l’essere umano sta iniziando a prendere spunto dalla natura per creare imballaggi naturali e che quindi abbiano il minor impatto possibile nel momento in cui diverranno rifiuti. Tra questi si parla spesso di bioplastiche.

Per saperne di più, leggi l’articolo “Bioplastiche…e come riconoscerle” a pagina 14 del Rapporto Rifiuti Urbani Friuli Venezia Giulia 2021 (Consulta il Rapporto).

Hai mai osservato la tua spesa? Conosci gli imballaggi naturali?

Dove vanno a finire i nostri rifiuti?

Nella gestione dei rifiuti, il Friuli Venezia Giulia si classifica tra le regioni italiane più virtuose. Ben il 68% della popolazione esegue correttamente la raccolta differenziata e in alcuni territori – a seconda della densità abitativa - la quota arriva anche all’85%.

Ma dove vanno a finire i rifiuti, nella nostra Regione?

In Friuli Venezia Giulia i rifiuti vengono portati in primo luogo negli impianti presenti in Regione, che li selezionano e li preparano al recupero. L’obiettivo è proprio quello di raggiungere l’autonomia nella gestione e nel trattamento dei rifiuti prodotti, in modo tale da non dover dipendere da altri impianti italiani o esteri.

La Regione FVG, in particolare, si occupa direttamente del recupero del vetro, dell’organico, della carta, del metallo e del legno.

La plastica non finisce il suo ciclo in Regione ma viene portata altrove dopo aver subito dei processi come la separazione (per tipo, per colore, ecc.). A questo punto i rifiuti plastici vengono recuperati e riciclati.

Il secco residuo, invece, diventa combustibile da rifiuto per gli inceneritori presenti o per altri impianti fuori Regione.

Per saperne di più, leggi l’articolo “Imballaggi in vetro: progetti virtuosi in regione” a pagina 18 del Rapporto Rifiuti Urbani FVG 2021.

Ultimo aggiornamento 17/10/2023

URL: https://www.arpa.fvg.it/temi/temi/educazione-ambientale/sezioni-principali/ambientarsi-20/rifiuti-ed-economia-circolare/