Il Friuli Venezia Giulia e la viticoltura nel cambiamento climatico

I cambiamenti climatici ormai evidenti a livello globale continuano a manifestarsi anche in Friuli Venezia Giulia, in alcuni casi in misura ancora maggiore rispetto alle tendenze globali.
L’analisi delle temperature medie annuali in FVG nel periodo 1991-2013 evidenzia un riscaldamento tra +1 °C e + 2 °C negli ultimi 50 anni, valore più alto rispetto a quello globale (0.8 °C / 100 anni). Sulla pianura, dal 2000 in poi, sono scomparsi valori di temperatura media annua inferiori ai 13 °C e comparsi dati superiori ai 14 °C. A livello globale il 2015 è stato l’anno più caldo dal 1880 ad oggi. In Friuli Venezia Giulia il 2014 è stato l’anno più caldo mai registrato nell’ultimo secolo, seguito dal 2015 (Fig.1).

L’aumento della temperatura si manifesta in misura diversa nelle varie stagioni e nelle varie zone climatiche del territorio: mentre in inverno solo alcune località si riscaldano, è molto più generale la tendenza a un forte riscaldamento primaverile ed estivo, evidente anche nel numero di giorni con temperatura massima superiore a 30°C (Fig. 2). Nel 2015 si sono verificate ben cinque ondate di calore e in alcune località si sono registrate temperature massime da record (es. 40 °C a Gradisca d’Isonzo).

Per le precipitazioni, è più difficile individuare tendenze significative nell’andamento dei valori totali: sembra però cambiare la distribuzione delle piogge nell’arco dell’anno, con una diminuzione nei primi sei mesi dell’anno e un aumento da settembre a dicembre (Fig. 3); sembrano in aumento i fenomeni di pioggia intensa. Le precipitazioni in FVG risultano essere peraltro molto variabili nel tempo, con il susseguirsi di annate piuttosto siccitose e di altre molto piovose.

La viticoltura rappresenta un’importante componente dell’agricoltura regionale, con quasi 20.000 ettari, cioè circa il 9% della superficie coltivata in Friuli Venezia Giulia e di cui ben il 71 % in zona DOP (DOC e DOCG), e con un fatturato intorno ai 105 milioni di euro, cioè il 22 % di quello delle coltivazioni agricole (2012). Le varietà maggiormente coltivate sono quelle a bacca bianca (Pinot grigio, Tocai friulano, Chardonnay, Sauvignon, Glera-Prosecco, …) a cui sono destinate il 69 % delle superfici, mentre il 31 % sono destinate a quelle a bacca rossa (Merlot, Cabernet, Refosco…).

stress-idrico

In linea di massima le precipitazioni, la radiazione solare e i livelli di temperatura del Friuli Venezia Giulia riescono a soddisfare adeguatamente le esigenze della vite. In assenza di irrigazione, la vite può incorrere in stress idrico, a causa di situazioni di siccità non tanto dovute alla mancanza di piogge ma alla natura dei terreni, spesso caratterizzati da scarsa capacità di ritenuta idrica (Fig. 4). Piogge eccessive possono determinare criticità sia dal punto di vista fitosanitario, con l’aumento delle malattie fungine viticole, sia come intralcio alla vendemmia. Anche la grandine può determinare danni, a volte anche molto ingenti, alla coltura. Freddi invernali molto intensi, che fortunatamente si ripresentano ogni 20-30 anni, ma soprattutto le più frequenti gelate primaverili sono ulteriori agenti di danno.

Le diverse varietà di vite manifestano la necessità di specifici cumuli termici per concludere il ciclo vegetativo. La mappatura del territorio secondo indici termici specifici consente di individuare le zone più vocate per i diversi vitigni (Fig 5).

Le proiezioni per prossimi 30 o 60 anni in regione, secondo studi condotti a livello nazionale e internazionale (ISPRA-SCIA 2015, IPCC 2013), prevedono una diminuzione delle piogge e un aumento delle temperature, variazioni maggiormente accentuate nel periodo estivo.

vocazione-vite

Questo significa che vi sarà la necessità di incrementare l’irrigazione o trasferire la viticoltura in zone che per ora non sono interessate da questa pratica agricola, con l’abbondono dei terreni con capacità di ritenuta idrica troppo bassa o che abbiano caratteristiche che non permettano la sostenibilità economica di una intensificazione dell’irrigazione. D’altro canto una minore piovosità potrebbe determinare un minor uso di fitofarmaci contro le infezioni di Plasmopora viticola, agente della peronospora. Potrebbero, invece, prendere piede altre patologie, meno legate alla pioggia e più alle alte temperature, come l’oidio. Inoltre, temperature più elevate potrebbero determinare un cambiamento nelle scelte varietali e nei territori utilizzati per la viticoltura (posti a quote più elevate), oltre che nel ciclo vegetativo stesso della vite (con anticipato risveglio vegetativo e quindi con un maggior rischio di danni a causa di gelate primaverili). Per continuare a mantenere elevati standard qualitativi potrebbe essere necessario rivedere l’agrotecnica della coltura stessa.

Ad ogni modo la vite è una specie caratterizzata da grandi capacità di adattamento alle diverse condizioni climatiche e pertanto, entro certi limiti, potrà adeguarsi agli effetti del riscaldamento.

Inoltre, la necessità di dover modificare il panorama viticolo regionale potrebbe essere l’occasione per introdurre nuove varietà anche più resistenti alle malattie. Rispetto ad altri settori economici, probabilmente la viticoltura avrà minori difficoltà di adattamento alle future condizioni climatiche della regione.


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Ultimo aggiornamento 11/1/2022

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